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Channel: Segnalazioni – IntranetManagement
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La torre e la nuvola

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Finalmente ho letto la traduzione di Robin Good di un articolo di Mark Pesce sull’emergere dei sistemi organizzativi a nuvola (Wikipedia, tanto per fare il solito esempio) e il loro rapporto con i sistemi gerarchici classici.

Quoto Cito dalla traduzione dell’articolo:

******************************************************

[...]
In altre parole, cinque persone devono prendere l’iniziativa, guidando tutti gli altri nella nuvola con la loro dedizione, con il loro altruismo e la loro apertura. Questo numero vale probabilmente per nuvole di qualunque tipo – trova cinque persone davvero impegnate e vedrai la nuvola trasformarsi in una tempesta.

Alla fine della trasformazione non ci sarà più nessuna gerarchia. Ci saranno, invece, cerchi concentrici di individui impegnati. Nel cerchio centrale, quelle cinque o più persone impegnate; nel cerchio successivo ci sono più persone che lavorano con i primi cinque secondo la loro disponibilità di tempo e opportunità; e così via, verso l’esterno, a livelli decrescenti di impegno, fino ad arrivare a coloro che semplicemente contribuiscono aggiungendo una parola o una correzione grammaticale, senza che abbiano un vero collegamento con i cinque del cerchio centrale, se non per quanto riguarda la comunanza degli obiettivi.

****************************************

Ora, naturalmente, il problema in azienda sarà di trovare e mettere in gioco queslle 5 persone. E di fare in modo che i cerchi concentrici diventino davvero ampi.


Segnalazioni su collaborazione, conoscenza e altre amenità

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Ecco un po’ di segnalazioni in ordine sparso di articoli, post e interventi su diversi aspetti collegati al tema delle intranet e della collaborazione (ne ho tantissime, questa è solo una prima parte)

- L’enterprise 2.0 va bene solo per i wkowledge worker? Un bell’articolo che spiega come diversi tipi di strumento e diversi tipi di iniziative possano, a diverso titolo, riguardare tutta l’organizzazione e non solo le èlite interne.

spectrum of social software participation

- Otto buone ragioni di business per adottare una intranet. Un bell’articolo e un bello schema riassuntivo

CIBA intranet model

- Esiste qualcosa come “il miglior CMS per il mio settore merceologico”?. Un bell’articolo di Tony Byrne prova a spiegare perché questa è una domanda fuori luogo. Le specifiche di un CMS hanno un rapporto solo marginale con il tipo di attività e di prodotti dell’azienda, e ne hanno uno molto più stretto con i processi interni della specifica organizzazione.

- 44 guiedline per la vostra intranet. Senza pretese, un articoletto con un po’ di punti chiave da tenere a mente.

- I punti di contatto tra Enterprise 2.0 e Enterprise content Management. Oscar Berg prova ad affrontare una questione che emerge sempre più potentemente all’interno del discorso teorico sull’adozione di questi strumenti

- Quando usare i PDF e quando i form in una intranet. Un bell’articolo che spiega come impostare un uso sostenibile dei (tanti) PDF che affollano le nostre intranet.

- Enterprise 2.0 come volano. La metafora del volano applicata ai progetti enterprise 2.0. E’ citato anche il caso della Toyota (ma è di qualche anno fa) con tanto di PDF.

- Quando l’1.5 è meglio del 2.0. Un post che prova a problematizzare la tematica dei contenuti generati dagli utenti. A volte una forma di supervisione e di controllo è assolutamente necessaria. E questo è un tema davvero pertinente per tutti i progetti interni.

Buona lettura.

:-)

Qualche segnalazione intranet per cominciare l’anno

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Qualche piccola segnalazione per cominciare il nuovo anno (queste segnalazioni servono anche a me per scaldarmi i muscoli su questo blog, che ho abbandonato per troppo troppo tempo a causa di problemi legati alla mia nuova condizione campagnola – condizione materiale e condizione spirituale – e non aggiungo altro).

- Rebecca Rodgers, di StepTwo, parla dei test con gli utenti all’interno dei progetti intranet (“qualche test è sempre meglio di ‘nessun-test “); è vero che spesso questi benedetti test non ce li fanno fare con tutti i crismi, ma in ogni caso condurre anche qualche indagine “cotta e mangiata” è meglio che non condurne affatto.

- In un vecchio articolo del 2004 Paul Chin parla delle tecniche di promozione per il lancio della intranet, un tema a volte sottovalutato e che va invece affrontato con serietà e con un briciolo di creatività. Da notare che in questo caso Paul sdogana la necessità di contenuti ludici ed extra-lavorativi in nome della visibilità del progetto.

- StepTwo ha pubblicato il suo intranet innovation 2009, con una serie di casi molto interessanti, tra i quali ad esempio quello del gruppo russo ChTPZ, che ha creato una applicazione molto sexy per mandare sms ai cellulari dei dipendenti tramite un’opzione nel cercapersone.

chtpzgroup_mobile_04_edit

Altro caso ineressante è quallo di Sabre, e della sua applicazione (SabreTown) di microblogging per domande e risposte tra i dipendenti (mooooolto interessante).

sabre_New_hub

Il report è a pagamento, ma potete scaricare una ricca sintesi gratuitamente (ecco il link al PDF della sintesi dell’intranet innovation 2009 – 4,3 Mb).

- Sempre a proposito di roba da scaricare, potete dare un’occhiata all’intranet matrix di Toby Ward, che elenca le caratteristiche delle buone intranet a confronto con quelle delle “ottime” intranet. Niente di speciale,  ma vale la pena darci un’occhiata (vi dovete registrare per scaricare).

- Infine, Oscar Berg ha pubblicato l’elenco di 12 (dodici) report gratuiti sull’enterprise 2.0, pescati da varie fonti consulenziali come KPMG o McKinsey.

Per il momento siamo a posto così…ciao ciao e che riusciate a realizzare quello che, esplcitamente od oscuramente, per scelta o per necessità, avete meditato per quest’anno che viene.

Il prezzo del coordinamento. Il video di Clay Shirky

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Chi ha un po’ di dimestichezza con l’inglese e conosce un po’ le idee di Clay Shirky apprezzerà questo video tratto delle TED conference, nel quale Clay parla della difficoltà del coordinamento istituzionale (quello delle imprese) rispetto ai sistemi di condivisione online.

Il senso è che nelle organizzazioni fisiche il coordinamento ha un costo, e questo costo deve essere compensato da output adeguati. Questo taglia fuori la possibilità di usare la coda lunga della partecipazione. Cosa che non succede online, ovviamente.

E’ un condensato del Shirky-pensiero e troverete alcuni temi dominanti della sua riflessione: l’abbassamento dei costi di transazione nei sistemi online, la coda lunga e l’inutilità dei valori medi, la difficoltà a rendere istituzionale la collaborazione della folla, la ridefinizione del concetto di professionalità.

Credo che sia una riflessione molto importante per chi si occupa di gestire il cambiamento organizzativo dai sistemi burocratico-gerarchici ai sistemi a rete dentro le aziende. Buona visione.

Uno spiraglio nel firewall

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A chi non l’avesse ancora fatto suggerisco di iscriversi al Worldwide Intranet Challenge (WIC), un gruppo su Linkedin promosso dal vulcanico Andrew Wright e dedicato interamente ai temi riguardanti le intranet; raccoglie moltissimi specialisti internazionali della materia, le discussioni sono molto pertinenti e avete modo di entrare in contatto con temi e problemi comuni in tutto il mondo.

Credo che nel nostro campo ogni iniziativa del genere sia una boccata d’aria fresca: dobbiamo cominciare a fare rete in tutti i posti disponibili, perché le intranet e i progetti Enterprise 2.0 stanno dietro i firewall aziendali e questo rende le cose molto, molto più complicate.

Tra le ultime segnalazioni del gruppo vi evidenzio la discussione riguardante il design della home page e quella sulle applicazioni killer della intranet. Inoltre qualche giorno fa Kevin Cody ha segnalato un PDF dedicato ai fallimenti dei progetti intranet. Potete scaricare il PDF da qui.

Buona lettura e buona iscrizione :-)

L’avanzata degli intranet-qualcosa

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E’ davvero buffo come il panorama delle pubblicazioni online dedicate a intranet e affini si stia facendo affollato in modo a dir poco sorprendente. Un tempo confinato a pochi specialisti fatalmente insicuri e avventuristici, il tema è esploso dando vita ad una letteratura accomunata da un’unica caratteristica: tutti i siti si chiamano intranetqualcheccosa.

Sono finiti i tempi in cui lo scettro nonché l’agenda degli argomenti era dettata dalla pionieristica newsletter di intranetfiles ( ah, i bei tempi andati): oggi abbiamo una schiera di specialisti che scalpitano con casi, consigli, indicazioni e tutto quello che può essere utile per gestire un progetto intranet.

Abbiamo le risposte dell’intranet professor, (dietro il quale sta il buon Andrew Wright), gli enigmatici tumblr di intranet secrets, (dietro il quale troviamo le vulcaniche menti di quelli di thoughtfarmer) le piccanti avventure dell‘intranet diary e le serie segnalazioni dell’intranet lounge. E anche i francesi non si fanno mancare il loro – austero – intranet-infos.

In Italia, accanto all’ormai vetusto intranetmanagement e al tenace IntranetLife arriva anche l’intranet Eccellence, dedicato all’interazione di filmati formativi in Sharepoint.

Insomma, siamo in buona compagnia e sappiamo anche qual è la prima cosa da fare se vogliamo creare una nuova pubblicazione online: trovare la parolina da coniugare con intranet. E ogni giorno che passa è sempre più difficile. :-)

Intra-wiki (per modo di dire)

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Questi tipi di IntranetExperience (di Kansas City) hanno dato vita a un’iniziativa sacrosanta, ovvero raccogliere in un unico punto tutte le risorse dedicate a intranet: terminologia, eventi, vendors, community e così via.

Per farlo hanno creato una cosa che si chiama intrawiki, solo che per aggiornarla bisogna mandargli un messaggio. Boh…

Qualche intranet-segnalazione

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Eccovi qualche segnalazione dal mondo della blogosfera sui temi a me cari (si vede che ho fatto un po’ di pulizia nel mio aggregatore eh?)

Mark Morrell parla dei meccanismi di governance per ottenere contenuti di qualità sulla intranet BT. Molto interessante il sistema che hanno messo in piedi: ogni pagina viene automaticamente contrassegnata con un colore diverso (verde, ambra, rosso) a seconda del ciclo di vita dell’informazione: per 12 mesi resta nella fase “verde” dopodiché, se non ci sono interventi di aggiornamento o riattivazione, entra nella fase “ambra” con un warning al redattore. Se per 60 giorni non viene fatto nulla l’informazione entra nella fase “rossa”. Se nessuno interviene per 30 giorni l’informazione viene cancellata automaticamente dalla intranet. Amen.

James Robertson se la prende con quelli che esordiscono con affermazioni ingenue tipo: “perché la nostra intranet non può avere un’interfaccia come Google, con solo il motore di ricerca”? Insomma, nelle intranet basta la ricerca?

Disegno intranet simil google

Per Robertson questo approccio funzionerebbe solo per situazioni nelle quali si sa esattamente che cosa cercare, mentre nelle situazioni ambigue poter navigare nella intranet rappresenta ancora un fattore determinate per trovare le informazioni. Ovviamente una cosa non esclude l’altra.

Simon Goh, da Singapore, propone un approccio alla creazione di community interne basato sugli hashtag. L’idea è affascinante e la rappresentazione grafica della sua ipotesi è molto potente:

Non so se davvero si possono creare community in senso stretto in questo modo, ma è certo che è un sistema che permetterebbe una maggiore serendipity nella ricerca delle informazioni.

Towerswatson ha pubblicato un pdf (che non ho ancora letto e a dire il vero non so se lo leggerò) sul ROI della comunicazione interna. Se siete a caccia di qualche suggestione per convincere il vostro capo vi conviene dare un’occhiata.

Teale Shapcott ha  pubblicato un post che riassume i benefici di un buon content inventory per la intranet.

Eight benefits of content inventories for IntranetsChe dire? Non possiamo che essere d’accordo con lei.

StepTwo pubbica il caso dello social staff directory di Ideo, che rispecchia la metamorfosi dei cercapersone di vecchia generazione verso un modello legato ai profili personali sui quali innestare relazioni.

Infine, ecco la ricetta dei fagioli all’uccelletto: non c’entra niente ma non volevo privarvi la condivisione dei i miei patetici tentativi di cucinare qualcosa di decente la sera.


Il caso di studio (legale)

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Per chi fosse interessato, esiste un blog interamente dedicato alle intranet degli studi legali. Si intitola The law firm intranet e ospita al suo interno diversi articoli che raccontano l’esperienza di progettazione sul campo.

Ad esempio hanno pubblicato una serie di 9 articoli che si focalizzano su alcuni aspetti particolari di un progetto del genere: scopi, architettura 1, architettura 2, profilazionecontenuti, pagine per i clienti, contenuti dei dipartimenti, comunità, ricerca.

Sembra piuttosto bizzarro occuparci di un settore così specifico come gli studi legali, eppure la cosa ha una sua importanza per due motivi: il primo è che esiste uno studio legale canadese (Bennett jones) che quest’anno ha praticamente fatto il pieno di premi per la sua intranet; è stato infatti incluso sia nel report di stepTwo dedicato alle intranet innovative sia nel report di Nielsen 2011. Di fatto gli studi legali rappresentano un ottimo banco di prova per progetti di condivisione delle conoscenze e di razionalizzazione della documentazione.

Il secondo motivo per cui vale la pena interessarsene è che gli studi legali non sono molto grandi, e possono quindi esibire dei problemi e delle soluzioni esportabili anche nella piccola e media impresa italiana.

segnalazioni sparse su profili, casi di studio, e altre amenità intranet

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Cari lettori, sono talmente saturo di materiale che mi arriva da ogni dove che faccio fatica ad assimilarlo come si deve. Una delle maniere che uso da tempo per fare ordine è proprio questo blog, nel quale cerco di tirare le fila di ciò che leggo in giro (o quantomeno di dargli una parvenza d’ordine).

In ogni caso vi lascio un po’ di segnalazioni interessanti che mi sono capitate.

Un articolo che racconta l’esperienza delle community interne in unicredit (ecco, ora che ho inserito di nuovo la parola “Unicredit” sul mio blog sarò sommerso di accessi da google con questa parola chiave, come avviene in maniera inspiegabile a tempo, il che farà aumentare a dismisura il mio bounce rate – va beh, questa era una considerazione smanettonica). Ho provato a contattare la responsabile per scrivere un caso di studio più approfondito ma non mi si è filata. Accontentiamoci di questo articolo.

Mark Morrel racconta come le ricerche di mercato e le informazioni sui trend di settore siano una killer application della intranet BT. Come al solito ha pubblicato anche degli screenshot della sezione intranet.

Un sito raccoglie e recensisce le principali piattaforme per intranet, wiki e collaboration. Utile.

Un articolo di stepTwo dedicato alla navigazione di primo livello all’interno delle intranet. Il senso, come anch’io ho più volte ribadito, è che non esiste un modello unico valido per tutti.

Una riflessione di Mike Gotta, di Cisco, sul ruolo dei profili personali e più in generale sulla costruzione dell’identità dei dipendenti in intranet. C’è anche uno suo interessante screencast.

Toby Ward riflette sulla nozione di Portale e come essa stia rapidamente invecchiando. Nel contempo le piccole intranet emergono come veri serbatoi di innovazione.

Ok, per oggi basta. Buona lettura a tutti.

Che cos’è una intranet 2.0. Un intervento di B. Duperrin

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Per l’improvvisata rubrica, inaugurata un post addietro, “articoli intressanti tradotti in italiano” eccovi un articolo dello stimato Bertrand Duperrin (uno che scrive articoli lunghissimi in continuazione e beato lui che ce la fa), dedicato al tema, ma guarda un po’, della intranet 2.0. e che si intitola: What is a social intranet or an intranet 2.0?

Ho deciso di tradurlo (in realtà mi ha aiutato mia sorella Giuliana) e di pubblicarlo perché contiene moltissime riflessioni corrette, qualche perla di saggezza e una buona dosa di realismo, ingrediente a volte mancante negli appetitosi menù consulenziali.

Ritroverete molte cose che ho detto anche nel mio ultimo libro (e meno male, perché se no avremmo dei problemi di allineamento internazionale), ma vi assicuro che non ci siamo messi d’accordo prima: è che le cose (profili personali,  commentabilità totale, unione di contenuti e persone eccetera) stanno proprio così per tutti, nel Mondo, nel 2011. In futuro, chissà.

L’articolo è lungo, ma ne vale la pena.

Buona lettura :-)

 

Che cos’è una Intranet sociale o una Intranet 2.0?- Di Bertrand Duperrin

Molte aziende stanno pensando (o pensando di ripensare) la loro cara vecchia intranet, che naturalmente risente del peso degli anni, e si chiedono come integrare il famoso “strato 2.0” in ciò che si suppone essere una social intranet (o intranet 2.0). Ma anche se la frase è sulla bocca di tutti, non è detto che sia chiaro che cosa significhi. Le opzioni sono molte, a seconda della maturità di chi guida il progetto, del grado di realismo della roadmap e della tolleranza al cambiamento da parte dell’organizzazione. A seconda del contesto, alcune di queste opzioni saranno più o meno rilevanti.

Nel paragrafo precedente ho menzionato lo “strato sociale”, quello che afferma che il lato 2.0 sia una nuova dimensione della Intranet e non una bolla isolata. Dunque, non stiamo parlando di costruire una Intranet da una parte e un social network dall’altra. Perché? Per il 90% dei dipendenti, usare un social network al lavoro non è naturale, e se il network non è vicino al centro di gravità del loro ambiente lavorativo, le probabilità che nessuno lo usi sono alte. Inoltre, le attività sociali hanno bisogno di essere stimolate, e questi stimoli spesso vengono proprio dalle informazioni aziendali, da dati relativi al business… insomma, da fonti che si sono trovano solitamente su una Intranet tradizionale.

Suggerisco che una Intranet simile si fondi su quattro pilastri, che sono:

Socializzare l’informazione
Ciò che intendo con socializzare l’informazione può assumere varie forme:

  • consentire agli utenti di scegliere le sezioni della Intranet che desiderano leggere e mostrarle sulla loro home page o su una pagina dedicata.
  • Consentire agli utenti di condividere qualunque contenuto della Intranet con i colleghi (attraverso il “twitter” interno, una community ecc…), nel rispetto dei diritti e delle autorizzazioni (ma siamo onesti: oggi anche senza questi strumenti, le informazioni riservate circolano via email)
  • Consentire agli utenti di condividere contenuti esterni portandoli nel flusso interno, e lasciare che i meccanismi di rating e di revisione editoriale li facciano risalire fino in cima all’organizzazione o li facciano diffondere orizzontalmente.
  • Consentire agli utenti di interagire con qualunque contenuto nel luogo in cui è pubblicato oppure pubblicandolo su un blog o una community per iniziare una conversazione.
  • Consentire agli utenti di promuovere qualunque contenuto con il rating o i “like” per renderlo più visibile, oppure condividerlo attraverso il proprio stream di attività.
  • Consentire che qualunque dipartimento aziendale costruisca mini siti on demand (con template predefiniti), il che rende la comunicazione aziendale più granulare e vicina ai dipendenti.

È il minimo che qualunque organizzazione possa fare, soprattutto perchè rientra nell’ambito della tradizionale comunicazione top down: quest’ultima non scomparirà, ma ha bisogno di essere molto migliorata per diventare più utente-centrica e interattiva.

Socializzare le persone
Condividere, reagire, discutere e collaborare sono cose buone… ma è anche più importante sapere con chi. Ovviamente, ci sono persone che conosciamo e che presto si uniranno al nostro “network”, ma ci sono anche quelli che oggi non conosciamo ma di cui un giorno avremo bisogno. Dunque, prima di dire agli utenti di connettersi e fare cose insieme, dovremo rendere loro più semplice trovarsi e identificarsi l’un l’altro.

Tutto ha inizio con un ricco profilo, come quelli che troviamo su qualunque social network. Sarà costituito da informazioni ufficiali prese dai tradizionali sistemi IT (posizione, appartenenza gerarchica, competenze…), con i dipendenti liberi di non renderle tutte visibili, ma anche da informazioni fornite dagli utenti stessi (esperienze passate, temi di interesse), e anche dai colleghi (approvazioni, tag…).
Naturalmente, l’utente dovrà autorizzare qualunque input esterno sul proprio profilo. Infine, il profilo include anche le attività sociali del dipendente: community, blog, aggiornamenti wiki, bookmark condivisi…

Queste informazioni costituiscono uno stream a cui altri utenti possono iscriversi per seguire le attività della persona nello stesso modo in cui possono seguire una specifica sezione della Intranet o la comunicazione corporate. Tutti possono selezionare quello che appare nel proprio stream.

Questo profilo ricco non dovrebbe essere in concorrenza con il directory ufficiale: è il directory. Per essere più precisi, è la sezione accessibile del directory (Nota per i tecnici IT: non dimenticate di scegliere soluzioni che possano sincronizzarsi con molti directory alla volta – è molto utile quando ce n’è più di uno e consente di dare una panoramica unificata di tutti i directory anche se il progetto di standardizzazione è in ritardo…)

Dare la possibilità agli utenti di adottare un approccio E2E
I punti precedenti riguardano la socializzazione dell’esistente: contenuti ufficiali, documenti, directory… L’altro lato della questione riguarda tutti i nuovi modi di produrre contenuti che sono al cuore del fenomeno 2.0 e sono precisamente ciò che le organizzazioni vogliono far accadere in termini di cooperazione e collaborazione.

Hanno già tutti gli strumenti utili a una comunicazione B2E strutturata (Business to Employee), il che di solito si traduce in niente di più che un sistema di condivisione dei file e attribuzione dei compiti. Ora devono affrontare la collaborazione E2E (employee to employee), che inizia e vive grazie ai dipendenti e con i dipendenti. Qui è dove blog, wiki, community ecc contano. Possono essere usati per supportare il lavoro strutturato, ma eccellono soprattutto nella collaborazione emergente. Quindi ci deve essere uno spazio sulla Intranet dove qualunque individuo o team possa iniziare una comunità, creare un blog ecc.

Da notare che esiste una differenza tra una comunità – uno spazio che può essere attrezzato con blog, wiki ecc – e usare gli stressi strumenti al di fuori di una comunità. Sono approcci complementari, e pensare che tutto debba avvenire all’interno di una community può impedire la maggior parte delle iniziative individuali. Naturalmente, ogni blog, community, wiki dovrebbe avere le proprie opzioni di privacy.

Socializzare gli strumenti di business
La collaborazione emergente è davvero molto eccitante, ma dobbiamo tenere presente che si tratta solo di una parte del lavoro delle persone. Devono seguire procedure, flussi di lavoro, processi e, in questo contesto, devono usare specifici strumenti di business. Trascurare questo punto significa trascurare la ragione stessa della loro presenza sul luogo di lavoro. Soprattutto, i quasi tutti i casi, la collaborazione emergente inizia con la necessità di risolvere un problema sorto nel corso di un’attività strutturata. Una parte rilevanti di questi strumenti può essere migliorata in una Intranet 2.0.

Ci sono molti modi per raggiungere questa evoluzione:

  • legare questi strumenti a spazi e tool sociali definiti al punto precedente. Persone che seguono un processo, che hanno a che vedere con un cliente, possono avere una community dedicata, un blog di progetto, un wiki…
  • inserire negli strumenti di business suggerimenti verso informazioni sociali. Per esempio, un addetto alle vendite otterrà, nel CRM, indicazioni per visitare una community di esperti relativa al prodotto che sta vendendo o suggerimenti sugli esperti di prodotto o su persone che conoscono bene i suoi potenziali clienti o il settore dei suoi potenziali clienti. Queste persone non avrebbero mai pensato di andare nella “galassia sociale” per trovare soluzioni ai loro problemi, ma se la risposta dista un solo click dal problema, le cose potrebbero andare diversamente.
  • Vediamo emergere nuovi strumenti che consentono alle persone di creare e rifinire processi e flussi di lavoro in modo collaborativo: i dipendenti possono così  prendere veramente possesso e migliorare loro stessi ciò che struttura il loro lavoro quotidiano. Molto sensato.
  • Dovrebbe essere possibile avviare un’interazione da e intorno a qualunque dato o informazione di business. Prendiamo di nuovo l’addetto alle vendite davanti allo schermo del suo CRM. Sulla pagina relativa a un’opportunità, il venditore non dovrebbe solo essere in grado di identificare i colleghi che lo  possono aiutare, ma anche di invitarli a interagire senza lasciare il tool. Possiamo anche immaginare che le discussioni rimarranno collegate all’archivio e saranno ricercabili e riutilizzabili in futuro in un caso simile.

Dato che parliamo di strumenti di lavoro, è una buona idea anche mettere online gli strumenti di office (word, fogli di calcolo…) per rendere la condivisione e la co-revisione più facile.

I tool di suggerimento automatico
Ho già menzionato questo punto nel paragrafo precedente. Riguarda la possibilità di suggerire all’utente – a seconda dei tool che sta usando, le persone che segue, gli spazi a cui contribuisce – altri spazi correlati, persone, informazioni.
Ha anche bisogno di strumenti di ricerca unificati e standardizzati. Gli utenti alla ricerca di qualcosa dovrebbero vedersi proporre contenuti “ufficiali” ma anche persone, bookmark, community, blog. Naturalmente il motore di ricerca dovrebbe essere in grado di mettere in indice e “capire” diversi tipi di media, non solo quello testuale.

Anche i tool conosciuti come “analytics” o “social analytics” diventeranno essenziali in futuro. Analizzando i comportamenti, le interazioni, la storia, legheranno tutte le dimensioni dell’informazione e del lavoro migliorando la rispondenza dell’informazione suggerita e aiutando le persone a risparmiare tempo. Gli strumenti di analytics contribuiranno a trasformare l’incredibile crescita della produzione di informazioni in un’opportunità anziché in un peso.

I flussi di attività
Ho ripetuto più volte che dovrebbe essere possibile iscriversi o seguire sezioni della Intranet, persone, blog, community… Tutti questi elementi dovrebbero essere aggregati un in flusso che può essere filtrato e rifinito. Questo stream dovrebbe includere anche altre fonti: input sui calendari, informazioni dagli strumenti di business (Il Signor Tal dei Tali ha chiuso una transazione di xxxx dollari con il tal cliente, ha modificato i seguenti elementi, il tuo rapporto di BI/vendite è pronto…), email, consentendo alle persone di agire, reagire, condividere, rispondere da dentro lo stream.

Questo stream è più vicino ad essere il futuro dell’email più di quanto non lo siano i social network.

I “non-strumenti”
Sappiamo tutti che i tool sono solo la punta dell’iceberg. Ma possono fungere da inibitori o da catalizzatori. Quello che intendo per inibitori è abbastanza chiaro, penso, ma vorrei spendere qualche parola su quello che intendo per catalizzatori.

Fare usare alle persone questo o quel tool perché l’azienda ha speso milioni di dollari per acquistarne le licenze e deve giustificare la spesa non dovrebbe essere l’obiettivo. Lo scopo dovrebbe essere dare alla gente strumenti che li aiutano a fare il loro lavoro nel modo più efficiente possibile, e in una maniera che venga loro ovvia e naturale. Dovrebbero essere portati a pensare di passare da un modo strutturato di lavorare a uno “emergente”, chiedendosi come fare a trovare una certa informazione, a come gestire, condividere ed usare l’informazione che hanno trovato, ad abbandonare gli strumenti switch, a copiare/incollare le informazioni per poterle spedire/condividere.

In questo modo, cose e informazioni rilevanti una per l’altra dovrebbero essere a un click una dall’altra, che si tratti di informazioni, persone, strumenti, funzionalità. Più il tutto sarà integrato, minore sarà lo sforzo necessario per convincere le persone ad adottare i nuovi strumenti o comportamenti perché li scopriranno intuitivamente, da soli, senza neanche accorgersene.

D’altra parte, è tutta una questione di una nuova visione del lavoro, delle relazioni umane, del modo di organizzare e condividere, con lo scopo di fare le cose e creare valore. E’ un progetto aziendale, e la Intranet ne è al tempo stesso una conseguenza e una leva, ma nulla di più. La Intranet migliore, la più bella esteticamente, la più integrata fallirà se non viene allineata con una visione allineata. In altre parole: se tutte queste cose non vi sembrano importanti, se non avete il coraggio di affrontarle, rimanete pure alla vostra vecchia Intranet. Nessuna la userà, ma almeno ne avrete ammortizzato il costo.

Intorno alla vostra Intranet vi servono una vision e un progetto corporate (a proposito: prima costruite la vision, poi la Intranet), occorre spostare linee e confini, ridefinire comportamenti e ruoli, rivisitare le funzioni direttive e della comunicazione. L’informazione deve essere vista come un essere vivente che ha un ciclo di vita all’interno dello strumento piuttosto che come una cosa inerte che deve essere archiviata e che probabilmente si fossilizzerà. La vostra Intranet deve essere la risposta a un bisogno operativo e deve essere vista come la risposta a un problema, e non come un problema a cui bisognerà dare una soluzione. La gestione del cambiamento dovrebbe riguardare poco la Intranet e in prima istanza il progetto e la visione che supporta.

Un’ultima cosa…
È un progetto globale, deve essere organizzato su quella scala. Significa che deve essere portato avanti da un team cross-funzionale che coinvolge tutti gli stakeholder. Detto questo…

  • La vostra agenzia di consulenza in comunicazione preferita vi può aiutare con la strategia di contenuto, il design (ma attenzione: bello va bene ma non a discapito dell’usabilità), ma per il lato sociale / collaborativo del progetto avete bisogno di altre competenze. Proprio come coloro che possono aiutarvi a cambiare il modo di lavorare non sono i migliori per aiutarvi con i contenuti o l’interfaccia utente.
  • Sulla tecnologia: scegliete tecnologie aperte e robuste con API aperte e potenti, per costruire uno strato sociale che sarà presente in tutta la Intranet. Evitate strumenti belli e anche potenti che si connettono solo tra di loro e rendono voi (e gli utenti) prigionieri della loro interfaccia e rinchiudono gli utenti in silos applicativi.
  • Non ragionate in termini di soluzioni ma di servizi: questo strumento fornisce i servizi che ho bisogno di integrare nella mia Intranet, senza dover far apparire il tool?
  • Non chiedetevi dove archiviare l’informazione, ma come farla circolare, fluire, diffondersi e vivere.
  • Non provate a mettere i contenuti “in vetrina” (sotto una teca come in un museo, dove li puoi guardare ma non toccare): rendili disponibili agli utenti, perché li possano usare e riusare quanto a loro necessario.
  • Non cadete nella trappola “tutto UGC”. Se è vero che tutto deve poter essere “socializzabile”, ci deve essere una chiara differenza tra gli spazi in cui parla l’organizzazione e quelli in cui i dipendenti parlano a loro nome. Altrimenti, i rischi di confusione tra parole dette a nome proprio e parole dette da qualcuno che impersona la voce aziendale potrebbero diventare un rischio reale.
  • Dimenticatevi le parole intranet sociale o intranet 2.0. È una intranet. Punto. Il luogo dove l’intera organizzazione può incontrarsi, scambiarsi idee, lavorare.

L’indagine di Jane. I dettagli per partecipare

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Ogni anno, da 5 anni, l’ottima Jane McConnell organizza la più vasta survey sulle intranet (o digital workplaces) del mondo. L’anno scorso hanno partecipato 440 aziende, ed è un’occasione unica per fare il punto della situazione sui diversi aspetti legati a questi progetti: aspetti collaborativi, governance, scenari, strategie per il mobile.

Vi invito caldamente a partecipare, a questo indirizzo trovate tutti i dettagli. Non occorre che abbiate per le mani progetti superfighi, è sufficiente che siate sinceri. I partecipanti ricevono (credo) una copia del report e già solo per questo vale la pena fare lo sforzo :-)

 

La User Experience come non l’avete mai vista: inizia il master a Roma

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La User Experience non è una cosa alla moda, e neanche un termine “cool” da usare in riunione: è quell’esperienza sottile per cui proviamo soddisfazione quando usiamo il nostro Iphone o che ci fa orientare con sicurezza in un aeroporto sconosciuto; è quella strana cosa che ci fa sentire a casa quando siamo all’Ikea o che ci fa interagire su un sito senza neanche pensarci. E’ l’impalpabile punto di incontro tra i nostri bisogni, le nostre azioni e la parte visibile delle tecnologie.

Misticismo? Neanche per sogno. La User Experience si occupa di un punto di intersezione preciso tra la nostra esperienza e gli artefatti tecnologici, ed è essa stessa frutto di un’intersezione disciplinare tra psicologia, ingegneria, design. Insomma è una cosa seria, che non si improvvisa in un fine settimana e meno che mai si progetta in frettolose riunioni aziendali.

C’è dunque bisogno di specialisti, ma dove trovarli? E qui veniamo al punto.

In Italia le cose sono ancora agli inizi, anche se il terreno è davvero promettente (e sappiamo tutti quanto c’è da lavorare in questo campo: basta pensare al sito dell’Inps o alla segnaletica del raccordo anulare, tanto per citare le prime due cose che mi passano nella testa). Proprio per questo sono davvero contento di segnalare il primo Master italiano in User Experience (UX) nell’ambito dell’Information Communication Technology (ICT) che avrà inizio a gennaio 2012 presso il Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione dell’Università La Sapienza.

Il master è diretto da Alessandra Talamo (che finalmente ho conosciuto, dopo avere letto i suoi libri) e ha tra i suoi coordinatori anche il mio socio, Cristiano Siri, ma saranno tanti gli insegnanti che si alterneranno durante i suoi 12 mesi di svolgimento. Gli studenti avranno poi la possibilità di mettere in pratica quanto appreso su progetti concreti, legati a prodotti o servizi reali. Insomma, un percorso per diventare un professionista completo nel campo.

Per chi volesse ulteriori informazioni vi segnalo il sito del master e la brochure da scaricare. Le iscrizioni si chiudono il 21 novembre.

Ecco le indicazioni per iscriversi.

 

Buon 2012 (in Brasile)

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Un augurio di felice anno nuovo, anche se tutti sappiamo che il 2012 sarà per molti una mazzata.

E se ci trasferissimo tutti in Brasile? La domanda non è oziosa: in Brasile si stanno dando un gran da fare con i progetti intranet e enterprise 2.0, tanto da aver istituito un loro premio nazionale, promosso da una ONG che si chiama Instituto Intranet Portal (IIP).

Hanno anche pubblicato un libro tratto dai casi della loro ultima edizione.

Ah, se avessi 15 anni di meno…

p.s. Questo è il millesimo post di questo blog da quando è nato, 8 anni fa. E va beh.

Del perché creare cose cretine è meglio del non crearne affatto

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Una delle cose che ci sentiamo spesso ripetere in riunione quando progettiamo ambienti collaborativi è “ma se poi cazzeggiano, si dicono cose inutili o si mettono a giocare? Questo non possiamo permetterlo”.

Questa cosa della paura del cazzeggio, del terrore che ogni cosa creata in azienda sia ben ancorata alla retorica della seriosa operatività (che mai del resto si ritrova nella realtà), beh, questa cosa non mi ha mai convinto.

Il fatto è che ho sempre pensato che l’atto di collaborare a qualcosa, a qualsiasi cosa, fosse già un passo in avanti rispetto al non fare assolutamente nulla. E non importa quale sia l’oggetto del collaborare: le persone, ho sempre pensato, stanno costruendo comunque capitale sociale nell’organizzazione.

Ok, ora non c’è nessuno al mondo, credo, che sia capace di dare forma rigorosa a questi pensieri più di Clay Shirky, lo studioso di cultura digitale del quale è uscito recentemente in italiano il secondo libro, Surplus cognitivo.

Shirky ha parlato di parte di questo libro alle TEd conference e oggi voglio segnalarvi il video del suo intervento, come al solito impeccabile quanto a chiarezza, lucidità e capacità di raccontare storie.

In questo video Shirky parla dei temi fondamentali del suo libro: delle motivazioni intrinseche alla collaborazione; di come i media digitali abbiano cambiato il panorama della collaborazione e abbiano fatto diventare il nostro tempo libero qualcosa di più di un tempo da occupare consumando; di come la collaborazione con i media digitali possa essere un veicolo per aggregare cose molto serie (le violenze in Kenia) o molto frivole(i LOLcats) , ma di come il suo motore interno resti lo stesso; e infine di come la radice da cui trae origine la collaborazione sia qualcosa che eccede le dinamiche economiche in cui comunemente ci riconosciamo.

La conclusione è chiara: se vogliamo una cultura della collaborazione attraverso i media digitali dobbiamo accettare anche le conseguenze frivole, dilettantesche, cretine di questa collaborazione.

Dura 13 minuti, e vi assicuro che ne vale davvero la pena (è sottotitolato in italiano).


Il tocco francese sull’Enterprise 2.0

Il 17 aprile 2012 nuova edizione del mio corso, a Roma

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Cari amici, vi segnalo che ho organizzato una nuova edizione del mio corso “Progettare e gestire intranet che funzionano”. Dopo le due folgoranti edizioni precedenti la prossima tappa sarà a Roma, il 17 aprile, al Centro congressi Cavour (vicino alla stazione Termini.

Trovate tutti i dettagli nella  scheda del corso. Vi aspetto.

 

Nota di servizio: il mio corso è stato spostato al 15 maggio

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Cari amici, per problemi organizzativi il mio corso del 17 aprile: “Progettare e gestire intranet che funzionano” è stato spostato al 15 maggio, sempre a Roma. Stesse caratteristiche, che potete leggere nella scheda del corso.

Aggiornate quindi le vostre agende (e se potete segnalate la cosa a chi può essere interessato :-)

Grazie a tutti.

 

Del raccontare storie (e del saperle ascoltare)

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Vorrei iniziare questo 2013 (anno del quale davvero non riesco a farmi un’idea, neanche vaga) segnalandovi qualcosa di davvero nutriente. Quest’estate, come spesso mi è successo negli anni, ho partecipato al Festival della mente di Sarzana (essendo la mia città natale mi permette un partecipazione particolarmente facile ad ogni edizione), ed ho potuto assistere all’intervento di Ascanio Celestini che ha raccontato, a ruota libera,  come è nato il suo rapporto con le storie e con la tradizione orale di cui oggi è, a modo suo, un erede.

Ascanio Celestini non ha certo bisogno di presentazioni ma questo intervento di tre quarti d’ora, fatto un po’ alla buona e senza una scaletta precisa, è stato qualcosa di particolarmente importante per me, perché è riuscito a toccare, con la consueta leggerezza di Celestini, alcuni temi credo fondamentali per noi contemporanei alle prese con la costante necessità di dare un ordine, di mettere in fila i diversi pezzettini slegati di esperienza con cui ci confrontiamo tutti i giorni.

E lo ha fatto parlando di cose marginali ed eterogenee: delle streghe della sua infanzia, di sua nonna, di viaggi in treno, del modo con cui sono nati i suoi spettacoli, delle persone che ha incontrato e ascoltato per costruire le sue storie.

Credo che Celestini non ambisse a dare nessuna indicazione complessiva per noi contemporanei: è troppo modesto anche solo per immaginarlo. Ma resta il fatto che riflettere sulle storie, su come le raccontiamo e le ascoltiamo, su come esse diano – letteralmente – forma alla nostra esperienza, su come la narrazione riverberi, in modo più o meno consapevole nel nostro quotidiano significa, volenti o nolenti, toccare un nodo cruciale che riguarda il modo in cui il mondo ci si presenta ogni giorno. Ovviamente è un tema conosciuto e che gode di ampia letteratura, (certa letteratura è ottima, altra davvero pessima)  ma Celestini ha il pregio di farci vedere tutte queste cose in azione.

Infine, il tema dell’ascolto. Verso la fine dell’intervento Celestini racconta come ha intervistato le persone che poi sono diventate protagoniste dei suoi spettacoli. In pochi munti troviamo un concentrato di metodo etnografico, che ci dà anche preziose indicazioni su come tutto noi, che lavoriamo in azienda o per le aziende, dovremmo operare quando ascoltiamo i dipendenti e ci facciamo raccontare le loro esperienze.

Ecco il link all’intervento, dura 45 minuti. Vi assicuro che sono ben spesi.

 

Stasera, live, il caso Bupa e “My beautiful intranet”

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Per chi fosse interessato segnalo che stasera, dalle 17 alle 18 (ora italiana), ci sarà un’altra sessione di IBF live, un webinar periodico organizzato dal gruppo di Intranet banchmarking forum.

Si parlerà del caso della intranet di Bupa (un’assicurazione sanitaria inglese, per inciso la intranet è realizzata con Jive) e contemporaneamente verrà annunciato il vincitore del contest 2012 “my beautiful intranet (goes social)“, che IBF organizza ormai da un paio d’anni.

Qui il form di iscrizione gratuito. Buona visione.

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